martedì 22 dicembre 2015

I racconti dell'Avvento - Ventiduesimo giorno - La pecora nera alla grot...







I racconti dell'Avvento
Ventiduesimo giorno

La pecora nera alla grotta di Betlemme

 
C'era una volta una pecora diversa da tutte le altre.
Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece.
Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco: «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere? ».
Anche le compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?».
La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle.

E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all'ombra dei pini.

Ma nemmeno in montagna trovò pace. «Che vivere è questo? Sempre da sola!», si diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava.

Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce. «Dormirò là dentro » e si mise a correre. Correva come se qualcuno la attirasse.

«Chi sei?», le domandò una voce appena fu entrata.

«Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dei gregge».

«La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c'era posto con gli altri nell'albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!».

La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù.
«Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!».

Maria e Giuseppe risposero con un sorriso.
La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana.
Gesù si svegliò e le bisbigliò nell'orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!».

La pecora si mise a belare di felicità. Dal cielo gli angeli intonarono il «Gloria».


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